A cura di Sergej Androsov – Massimo Bertozzi
13 giugno – 4 ottobre 2015
Abbracciando un periodo che va dalla fine del Settecento alla metà del secolo successivo, la mostra si concentra in particolare sul passaggio dalla scultura neoclassica a quella verista, sottolineando dunque un cambiamento di stagione preciso, dove si determina il passaggio da uno statuto istituzionale e accademico, anche nell’indicare i modelli e lo stile di riferimento, a una committenza prestigiosa, soprattutto per qualità di gusto, oltre che per fama e disponibilità economica, in grado di avviare il marmo e la scultura a nuove fortune.
E tutto ciò confidando non solo sul retaggio storico di una tradizione secolare, ma sulle qualità stesse della scultura, per come le statue che vengono collezionate per essere esibite al pubblico, diventavano strumenti di conoscenza estetica e di formazione di gusto, coniugando insieme l’educazione alla qualità poetica e spirituale delle immagini e il riconoscimento del valore di un materiale e delle capacità di un mestiere.
Per questa occasione saranno esposte 16 sculture in marmo provenienti dal Museo dell’Ermitage, 7 gessi di proprietà dell’Accademia di Belle Arti di Carrara oltre a una copia da Lorenzo Bartolini conservata presso l’istituto d’arte di Massa: si tratta di opere esemplari del gusto collezionistico dello Zar Nicola I, amante della scultura moderna ospitata al Nuovo Ermitage, legate alla Scuola Carrarese e ai suoi maggiori protagonisti.
Alla fine del 1845 Nicola I, Zar di tutte le Russie, visita l’Italia, e lo fa in forma privata, ingrossando le fila di quel singolare pellegrinaggio artistico, chiamato “Grand Tour”, che fu insieme percorso di formazione e scoperta esotica del mondo mediterraneo.
Durante il suo soggiorno romano, dove arriva il 13 dicembre, lo Zar non si limita a visitare i luoghi simbolo e i monumenti principali della città, ma si fa accompagnare anche negli atelier dei principali scultori insediati a Roma, tra i quali quelli dei carraresi Pietro Tenerani e Luigi Bienaimè.
Nicola I guarda e agisce come un collezionista: il suo scopo è in effetti quello di acquistare o commissionare opere destinate alla sala della Scultura Moderna, che intende allestire nel Nuovo Ermitage, il primo museo imperiale di Russia, che si sta costruendo proprio di fianco al Palazzo d’Inverno.
A segnare il percorso e i connotati della mostra ci sono in effetti sculture di un precursore come Giovanni Antonio Cybei, che fu il primo direttore dell’Accademia di Belle arti di Carrara, di Lorenzo Bartolini, che diresse l’Istituto durante il periodo napoleonico, e di Antonio Canova, che da Carrara ebbe non solo l’importante contributo di un materiale straordinario e unico al mondo ma anche alcuni allievi di eccezione.
La mostra segnala soprattutto le diramazioni in Italia e in Europa, degli scultori che a Carrara si sono formati e che poi hanno determinato i nuovi indirizzi della scultura dopo il periodo neoclassico: a cominciare dallo stesso Lorenzo Bartolini a Firenze, Pietro Tenerani, Luigi Bienaimè e Carlo Finelli a Roma, Christian Daniel Rauch a Berlino, la genia dei Triscornia a Pietroburgo, e in certa misura, sulla scia di Benedetto Cacciatori, ancora Carlo Finelli a Milano.
Nell’occasione tornano dunque a Carrara sculture prestigiose, apprezzate fin dal loro primo apparire e poi codificate come lo specchio di un’epoca dalla storia dell’arte, e basterà citare l’Orfeo di Antonio Canova o la Fiducia in Dio di Lorenzo Bartolini, la Psiche svenuta di Pietro Tenerani, l’Amore con colombi di Luigi Bienaimè o Venere nella conchiglia di Carlo Finelli.
Alle sculture dell’Ermitage si affiancano, sette gessi, con precisi riferimenti alle opere in mostra, conservati all’Accademia di Carrara, e una copia, fin qui sconosciuta, della Fiducia in Dio, conservata all’Istituto d’Arte di Massa, seguendo un percorso che si avvia con una scultore che fonda una scuola, dove fin da subito si formano artisti destinati loro pure a fare scuola, rilanciando l’attività delle botteghe e dei laboratori, dove si rinnova l’immanenza quotidiana della più aristocratica fra le materie dell’arte: il marmo di Carrara.
Antonio Canova (Possagno 1757 – Venezia 1822)
Ritenuto universalmente il massimo esponente del Neoclassicismo, Antonio Canova è stato uno dei principali scultori di ogni epoca, ben presto chiamato per questo “il nuovo Fidia”.
La sua formazione e il suo apprendistato si svolsero interamente a Venezia, dove realizzò le prime sculture e ottenne i primi riconoscimenti.
A ventidue anni, si trasferì a Roma, dove si conquistò un ruolo da protagonista nell’ultima stagione di spessore europeo dell’arte italiana.
Cantore assoluto della bellezza ideale, priva di affettazioni, condensata nei gruppi di figure, come le Tre Grazie o le due diverse versioni di Amore e Psiche, in capolavori assoluti come la Venere italica e Paolina Borghese, Antonio Canova ebbe una influenza decisiva nel determinare il carattere e la qualità dalla scultura europea tra Sette e Ottocento.
Lorenzo Bartolini (Prato 1777 – Firenze 1850).
Dopo la formazione fiorentina, si trasferì a Parigi nel 1799, dove frequentò lo studio di David e si impose all’attenzione generale.
Grazie all’interessamento della famiglia imperiale, venne nominato professore di scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara nel 1807 e divenne lo scultore ufficiale della famiglia Bonaparte.
Dal 1815 tornò a Firenze, dove non gli fu facile far dimenticare i suoi recenti legami politici e soprattutto professare le sue idee artistiche, ormai decisamente anticlassiche.
Trovò tuttavia diversi estimatori nella colonia straniera insediata a Firenze e le qualità della sua scultura furono presto riconosciute in Italia e all’estero.
Tra le sue opere più note andranno segnalate almeno la Fiducia in Dio e la Ninfa dello Scorpione, elogiata senza mezze misure da Baudelaire, quando fu presentata al Salon parigino del 1845.
Carlo Finelli (Carrara 1782 – Roma 1853)
Carlo Finelli inizia la sua formazione artistica a Firenze, per poi trasferirsi a Milano, e da qui a Roma, dove frequenta lo studio di Canova, e ottiene da subito un vasto apprezzamento, tanto che già nel 1814 viene nominato accademico di San Luca.
Iniziò da questo momento una intensa produzione di opere, prevalentemente di soggetto mitologico, per soddisfare le esigenze di un ricco collezionismo internazionale, soprattutto inglese e russo, realizzando tra le altre cose il suo capolavoro, le Ore Danzanti dell’Ermitage di San Pietroburgo.
Nonostante i vasti riconoscimenti, a partire dagli anni Trenta Finelli si allontanò completamente dai soggetti mitologici, troppo legati alla stagione neoclassica, per affrontare temi di intonazione religiosa, secondo un interesse sempre più diffuso in ambiti puristi, soprattutto a Roma.
Pietro Tenerani (Carrara 1789– Roma, 1869)
Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Carrara, nel 1814 si trasferì a Roma, per perfezionarsi con Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen, per poi intraprendere un percorso autonomo, ottenendo ben presto un ampio consenso e grandi riconoscimenti.
Le sue opere furono ben presto ricercate dai collezionisti più prestigiosi; i suoi ritratti, trasfigurati nella sua particolare accezione del vero, furono molto ambiti dai personaggi più famosi di tutta Europa; alcune delle sue sculture a soggetto furono replicate più volte, per assecondare richieste sempre più numerose ed esigenti.
Fra i sottoscrittori del manifesto del purismo italiano, divenne nel 1856 presidente dell’ Accademia di San Luca, quindi nel 1858 presidente dei Musei Capitolini, ed infine a partire dal 1860 direttore dei Musei Vaticani.
Christian Daniel Rauch (Arolsen, 1777 – Dresda, 1857)Dopo essersi formato con Johann Gottfried Schadow, Rauch, come molti scultori europei della sua generazione, svolse un lungo periodo di perfezionamento in Italia, integrando i lunghi soggiorni romani, con frequenti presenze a Carrara, dove realizzò importanti sculture monumentali, come il cenotafio della regina Luisa per il mausoleo di Charlottemburg.
Fra i protagonisti della cosiddetta scuola di Berlino, Rauch contribuì al rinnovamento formale della scultura tedesca, e con la sua straordinaria attività di ritrattista, a indirizzare il gusto dell’aristocrazia tedesca verso un classicismo più naturale e meno condizionato dall’idealismo di impronta antiquaria.
Giovanni Antonio Cybei (Carrara 1706 – 1784)
Dopo aver dato prova della sua giovanile predisposizione seguendo le orme dello zio, lo scultore Giovanni Baratta, Cybei completa la sua formazione a Roma, al seguito di Agostino Cornacchini, con il quale collabora alla realizzazione della statua equestre di Carlo Magno in San Pietro.
Ritornato a Carrara, ed ereditato il laboratorio dello zio, Cybei aggiorna il suo stile sui nuovi canoni della scultura europea, connotandolo con una sua personale impostazione neoclassica.
Dopo aver realizzato sculture e monumenti in numerose città italiane, e collocato opere presso le principali corti europee, nel 1789 Cybei fu incaricato di organizzare, in qualità di direttore la neonata Accademia di Belle Arti di Carrara.
Luigi Bienaimè (Carrara 1785 – Roma 1878)
Frequentata l’ Accademia di Belle Arti di Carrara, si trasferì nel 1818 a Roma, dove entrò nello studio di Bertel Thorvaldsen, per rimanervi, come aiutante e poi come direttore, fino alla morte del maestro danese.
In questa funzione eseguì di sua mano numerose copie delle sculture di Thorvaldsen, non tralasciando la realizzazione di sue opere di invenzione, che pur influenzate dallo stile del maestro, denotano una carica di sentimenti, del tutto alieni allo stile del danese.
Molto apprezzato dallo Zar Nicola I, Luigi Bienaimè ha lavorato a lungo per la corte e l’aristocrazia di San Pietroburgo, città nella quale si conservano numerose copie delle sue sculture più famose.
Alla morte di Thorvaldsen, ne ereditò anche il posto di socio emerito all’Accademia di San Luca.
Paolo Andrea Triscornia (Carrara 1757—1833)
Professore di scultura all’Accademia fin dal 1803, realizza durante il periodo napoleonico una lunga serie di ritratti della famiglia imperiale, tra cui Paolina Borghese e Giuseppe Bonaparte, che eseguie nei laboratori governativi della Banca Elisiana.
A partire dal 1817 la sua bottega lavora quasi esclusivamente per la corte zarista, dove esegue soprattutto copie dall’antico, di particolare significato e di impianto monumentale, tra cui si segnalano la copia al vero del Laocoonte, quella dei Leoni Medici, per il Ministero della Guerra, e quella in grande scala dei Dioscuri del Quirinale, per il Maneggio.
Nei lavori eseguiti per San Pietruburgo fu affiancato dal figlio Alessandro, che soggiornò in Russia per circa un quarto di secolo.